L’infezione

La leptospirosi è una zoonosi a diffusione mondiale sostenuta da ceppi patogeni del genere Leptospira.
 
È un’infezione con una epidemiologia complessa che comprende numerosi ospiti, sia nell’ambito degli animali domestici che selvatici, e diverse vie di trasmissione in un intreccio di relazioni non ancora completamente comprese.
Le specie animali possono fungere da ospiti di mantenimento oppure da ospiti accidentali. Tale distinzione si basa sul rapporto che si instaura con l’agente infettivo e, in particolare, dipende dalla variante sierologica (serovar) di Leptospira in causa.
Gli ospiti di mantenimento mantengono l’infezione in forma endemica: presentano un’elevata sensibilità nei confronti del serovar in causa (virulenza e dose infettante ridotte) e sono in grado di eliminare leptospire nell’ambiente per lunghi periodi; la malattia evolve generalmente in forma sub-clinica o asintomatica. Negli ospiti accidentali, viceversa, l’infezione si presenta in maniera sporadica, spesso con sintomi clinici evidenti; in tal caso l’evoluzione è rapida e l’eliminazione di leptospire è relativamente breve nel tempo.
Sebbene la sensibilità che i mammiferi manifestano nei confronti dell’infezione sia variabile, tutte le specie possono divenire fonte di contaminazione attraverso l’escrezione urinaria. Il rene, infatti, è il principale organo bersaglio, nel quale il microrganismo persiste dopo la fase setticemica e continua a moltiplicarsi, senza necessariamente determinare sintomi clinici.
La trasmissione dell’infezione dipende da diversi fattori, tra cui il clima, la densità di popolazione e il grado di contatto tra gli ospiti di mantenimento e gli ospiti accidentali. In particolare, la persistenza delle leptospire nell’ambiente, a seguito dell’escrezione urinaria, dipende principalmente dalle condizioni climatiche: il clima caldo-umido, in particolare, favorisce la sopravvivenza dei batteri e ciò si riflette sul tasso di prevalenza nella specie umana che, nelle regioni tropicali e sub-tropicali, risulta maggiore rispetto a quelle con clima temperato.
 
La leptospirosi si presenta con caratteristiche cliniche differenti in relazione alla specie animale.
 
Nel suino i principali serovar coinvolti, e per i quali la specie funge da ospite di mantenimento, sono Bratislava, Pomona e Tarassovi.
La manifestazione clinica più evidente (e anche spesso l’unica osservabile) è l’aborto che si verifica più frequentemente tra il 90° e il 100° giorno; altri sintomi sono rappresentati da mortinatalità, parti prematuri con espulsione di feti in parte vivi e in parte morti, nascita di soggetti disvitali. In generale si osserva una riduzione del tasso di fertilità con aumento dei ritorni in estro e conseguente riduzione della percentuale di concepimenti in rapporto al numero di fecondazioni.
Altre forme cliniche, quali quella gastroenterica e meningo-encefalica, osservabili negli animali giovani, sono da considerarsi rare.
 
Nel bovino il serovar Hardjo è quello rilevato con maggiore frequenza, ma sono segnalati casi sostenuti dal serovar Pomona; viceversa non sono state segnalate, in Italia, infezioni sostenute dal serovar Grippotyphosa.
Nell’infezione da Leptospira Hardjo si osservano, in primo luogo l’aborto (tardivo: da uno a tre mesi dopo il contagio), la mortinatalità, la nascita di vitelli prematuri e disvitali, l’ipofertilità. Nelle bovine in lattazione si osserva inoltre una forma di mastite, nota come mastite atipica, caratterizzata da inflaccidimento della mammella, secrezione lattea densa, citrina, di aspetto similcolostrale e agalassia che dura da due a dieci giorni.
Il serovar Pomona provoca malattia che può evolvere in forma acuta, subacuta e cronica. La forma acuta, si riscontra in soggetti giovani fino a tre mesi di età e si caratterizza per anemia, ittero, emoglobinuria e per tassi di mortalità piuttosto elevati (50-60%). La forma subacuta è riscontrabile nei bovini adulti e si presenta con un quadro sovrapponibile a quello della forma acuta, ma con sintomi meno intensi, di minor durata e con ridotta mortalità. La forma cronica consegue alla forma subacuta ed è espressione di una nefrite interstiziale cronica che si traduce in un progressivo scadimento delle condizioni generali accompagnato da stranguria, albuminuria, iperazoturia. Sono comuni le forme paucisintomatiche o asintomatiche con febbre modica, abbattimento, disoressia, stipsi. Frequenti i casi d’infezione in cui l’unica manifestazione clinica è data dall’aborto, osservabile in particolare nelle primipare, generalmente nell’ultimo trimestre di gravidanza, accompagnato o meno da ritenzione di placenta.
 
Analogamente al bovino, il bufalo è sensibile all’infezione da Leptospira Hardjo che causa problemi nella sfera riproduttiva provocando aborti, natimortalità e ipofecondità.
 
Negli ovini, a dimostrazione del tropismo nei confronti dei ruminanti, il serovar Hardjo provoca aborti, parti prematuri e mortalità perinatale, nonché mastiti atipiche. I serovar Icterohaemorrhagiae e Pomona provocano invece, negli agnelli, malattia con quadri itteroemorragici, mentre negli animali adulti il serovar Pomona può dar luogo a nefrite interstiziale cronica.
 
Nel cane l’infezione è legata a tre sierovarianti: Icterohaemorrhagiae, Copenhageni e Canicola; le prime due sono responsabili di una sindrome itteroemorragica acuta, nota anche sotto la denominazione di “Weil canino”, per la perfetta analogia anatomo-clinica con la corrispondente affezione dell’uomo, mentre la terza causa un complesso quadro morboso, definito “malattia di Stoccarda” o “tifo canino”.
La forma itteroemorragica è caratterizzata da febbre elevata, prostrazione, ittero, emorragie diffuse a tutti i parenchimi, feci sanguinolente e alterazione dei parametri urinari; il decorso può essere molto rapido con esito infausto. Accanto a quadri clinici caratteristici, non sono rare le forme più miti, anitteriche, con sintomi generali aspecifici, di difficile diagnosi.
Il “tifo canino” è caratterizzato fondamentalmente da nefrite interstiziale con grave uremia, da gastroenterite emorragica e da stomatite ulcerosa. Il decorso è infausto in un’alta percentuale di casi.
 
Nel cavallo la malattia si manifesta raramente: le sierovarianti Icterohaemorrhagiae, Copenhageni e, più raramente, Pomona possono colpire i puledri con sintomi riconducibili alle forme itteroemorragiche.
Assai diffuse sono invece le infezioni da leptospire del sierogruppo Australis (in particolare serovar Bratislava) isolate da reni di animali infetti nei quali è stata riscontrata anche positività sierologica.
È probabile che anche l’oftalmite periodica sia legata all’azione patogena delle leptospire: sono stati chiamati in causa diversi serovar e, tra questi, per quanto attiene al territorio italiano, Bratislava, Icterohaemorrhagiae e Pomona.
 
Il gatto raramente si infetta e ancor meno frequentemente si ammala: a eccezione di alcuni isolamenti avvenuti da animali sani in Paesi extraeuropei, tutte le ricerche hanno fornito esiti scarsamente indicativi. Ciò depone per una resistenza di questa specie animale nei confronti di Leptospira.
 
I volatili, inclusi quelli domestici (polli e palmipedi) si infettano nei confronti di numerosi serovar, ma raramente ammalano. Gli uccelli domestici hanno peraltro un ruolo epidemiologico irrilevante a differenza di altre specie, tra cui alcuni uccelli migratori, che sono in grado di ospitare le leptospire per lunghi periodi e, a causa del loro comportamento, trasferirle a lunga distanza.