Uno studio sul riccio rivela le potenzialità evolutive dei Coronavirus

Un recente studio condotto da ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca la Ambientale (ISPRA), dell’Università di Bologna (UNIBO), e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (IZLER) ha dimostrato la capacità di acquisire geni dell’ospite, da parte di Coronavirus (CoV) del riccio comune (Erinaceus europaeus).

I ricercatori del gruppo hanno esaminato un gruppo di Coronavirus (CoV) presenti in una popolazione di ricci selvatici del Nord Italia scoprendo che i CoV dei ricci avevano acquisito una porzione del gene CD200 del riccio. Tali virus appartengono allo stesso gruppo dei CoV responsabili di COVID-19 e MERS, ed è con quest’ultimo con il quale mostra una stretta somiglianza genetica.

Il gene CD200 e il suo recettore sono elementi importanti nella risposta immunitaria e regolatori della infiammazione, elementi importanti nelle difese da agenti infettivi compreso il Virus SARS-CoV-2.

La capacità dei virus di acquisire geni dell’ospite è un fenomeno noto, tuttavia è la prima volta che viene descritto nei CoV.

Lo studio è stato pubblicato sulla autorevole rivista Viruses.

Non vi è nessuna evidenza della trasmissibilità dei Coronavirus del riccio all’uomo, Il risultato dello studio è comunque di grande rilevanza poiché dimostra l’esistenza, tra i CoV, di un meccanismo evolutivo estremamente raffinato, e indica il valore dello studio delle malattie degli animali quali insostituibili modelli di comprensione della patologia nell’uomo.

La pubblicazione completa è visibile al seguente link:

(De Sabato et al., Viruses 2020, 12, 1471; doi:10.3390/v12121471)

https://www.mdpi.com/1999-4915/12/12/1471/pdf