2001-2013: Fine dei test BSE

 
Certificata la scomparsa della BSE dalla popolazione bovina europea, la Comunità Europea decide per la cessazione dei test sui bovini macellati per consumo umano.
 
 
A seguito della Decisione 2013/76/EU, il Ministero della Salute ha deciso per la riduzione, dal prossimo 1° luglio, del piano di sorveglianza attiva decretando la cessazione dei test sui i bovini regolarmente macellati destinati al consumo umano.
Poiché il sistema di sorveglianza “attiva” è incentrato sui test di laboratorio per la ricerca nel tronco encefalico del prione della BSE, la decisione riduce significativamente il numero di test BSE per anno da eseguire. La stessa decisone è stata presa anche dalla pressoché totalità degli altri paese membri della EU.
Per estrema cautela, rimangono sotto sorveglianza attiva, presumibilmente per ancora qualche anno,  i bovini delle cosiddette “popolazioni a rischio”, ovvero animali  morti in allevamento  o sottoposti a macellazioni differite o d’urgenza, di età superiore ai 4 anni.  Per questo si stima che i laboratori IZSLER di Brescia e Modena continuino ad esaminare circa 25000 campioni anno.
La fine della sorveglianza attiva sugli animali regolari è la conseguenza della ormai raggiunta eradicazione della BSE dalla popolazione bovina Europea. Infatti, ormai da alcuni anni, i test eseguiti risultano sistematicamente negativi per BSE, in Italia come pure negli altri stati europei che hanno applicato il sistema dal 2001. Da allora nel laboratori dei 10 IZS nazionali si sono eseguiti oltre 7 milioni di test, di cui la metà presso l’IZSLER, quale diretta conseguenza della presenza in Lombardia (1,5 milioni di capi) ed Emilia Romagna (0,6 milioni di capi) di larga parte del patrimonio zootecnico bovino del paese. Il servizio alla comunità è stato svolto in stretta collaborazione con i Servizi Veterinari distaccati presso i macelli che hanno eseguito i prelievi di tronco encefalico sui bovini sottoposti a macellazione in età con obbligo di test, come per altro quelli dei bovini morti in allevamento. Al fine di ridurre al minimo l’impatto sulla filiera produttiva, gli esiti dei test sono stati forniti, sin dal 2001, entro le 24 ore dal prelievo.In aggiunta, i Servizi Veterinari hanno gestito sul territorio i 69 casi di BSE trovati in Lombardia (44) ed Emilia Romagna (25) dal 2001. 
 
Da ricordare che il sistema di sorveglianza attivo è uno dei tre pilastri su cui la EU ha basato il piano di eradicazione della BSE dalla popolazione bovina ed al contempo la tutela del consumatore dall'”infezione”. Non va infatti scordato che la BSE è una zoonosi che ha causato la morte nel mondo di circa 170 persone, la maggior parte nel Regno Unito, luogo d’origine della malattia bovina emersa nei primi anni ’80. La funzione del piano di sorveglianza attiva (dei test) è stata quella di “misurare” quanta BSE fosse presente nelle diverse popolazioni bovine per area geografica. La principale tutela del consumatore, attivata in Italia dal 2000, passa invece per il secondo pilastro: la rimozione e distruzione del materiale a rischio (cervello, midollo allungato, parte dell’intestino ecc.) dalle carcasse bovine destinate al consumo umano. Il materiale a rischio costituisce infatti la principale fonte d’ infezione in un animale malato, contenendo circa il 99% dell’agente infettante. Il terzo pilastro è il divieto d’uso delle farine animali per l’alimentazione animale finalizzato al blocco dell’infezione, come noto mediato proprio dalle farine contaminate dal prione e usate come integratore nei mangimi. Questi ultimi due pilastri rimangono al momento in vigore e verranno presumibilmente rimossi nei prossimi anni. Per certo la gestione delle farine animali subirà consistenti modifiche rispetto al periodo pre-BSE, inclusi attenti controlli sull’origine e specificità.  Si presuppone che nel giro di qualche anno l'”emergenza BSE” possa considerarsi conclusa in senso positivo, sia per l’eradicazione della malattia, ma anche per la  “lezione” che il sistema generale dei controlli  sui prodotti alimentari d’origine animale, e non solo, ha appreso: è per esempio indubbio che il significativa rafforzamento ed efficiente funzionamento raggiunto dall’anagrafe bovina, divenuto uno degli strumenti centrali nelle gestione della sicurezza alimentare, sia uno dei vari risultati raggiunti a seguito della “lezione” BSE.  Da sottolineare infine che i test, avviati dal 2001, hanno consentito di dimostrare che l’eradicazione della BSE era già in corso con il finire degli anni ’90 a seguito dell’applicazione della legislazione comunitaria. Infatti il picco dell’epidemia in Italia, limitatamente ai dati disponibili, si è registrato nelle bovine nate nel 1996 con 53 casi di BSE, che sono poi rapidamente declinati ai soli 2 riscontrati in animali nati nel 2000 (figura 1)*.  Ciò indica che dal 2000 in poi il mangime della popolazione bovina nazionale non era più contaminato dal prione BSE. La maggior parte di questi animali sono risultati positivi a test negli anni dal 2001 al 2003,  ad un età media di 5-8 anni, a seguito di assunzione di mangime con farine contaminate entro il primo anno di vita (si ricordi che il tempo di incubazione medio della malattia è di 4-6 anni).
    
*I dati sui casi BSE sono stati ricavati da: http://www.izsto.it/index.php/centri-di-eccellenza/40